giovedì 12 novembre 2009

Giustizia per tutti!


Paga per tutti. Come ieri, nondiversamente da domani.Offre caffè, sigarette, sorrisiche non compensano il vuoto.Lo salutano, anche da lontano.“Ciao Giorgio, come stai?”. Un elementodel paesaggio, come i postercon il volto di suo figlio, affissisul muro, da destra a sinistra. La disperazionenon è un quadro impressionista.“Da due anni pensosolo alla morte di Gabriele. Ho persodi vista ogni cosa. Tutto quelloche è successo, si è detto e si è insinuatoper nascondere l’omicidiodi mio figlio è inaccettabile. Perfortuna, dal nord alle Isole, ho avvertitouna solidarietà trasversale.La gente non si fa annacquare la coscienza.Non china la testa, non sifa condizionare”. Giorgio Sandri èseduto al tavolo di un bar. Davantial suo negozio di abbigliamento,che presto, schiacciato da debiti esenso smarrito di generale e particolare,chiuderà le insegne.Aprì nel '74. Il nome, Harrison,mutuato dai Beatles. Allora c’era -no tempo, orizzonte e chitarre.Oggi, solo un rumore di niente.“Dovrò lasciare l’attività. Era il regnodi Gabriele. Abbiamo semprevissuto dignitosamente del nostrolavoro, ma in questa vicenda dolorosaabbiamo dovuto spenderetanto denaro. Gabriele curava irapporti, mia moglie Daniela,l’amministrazione. Dopo essermisobbarcato tutto sulle spalle, sinceramente,non ho più voglia, néforza. Ho sessant’anni, sono stanco”.Giorgio Sandri aspetta un ritornoimpossibile. Nessuno verràa svegliarlo dall’incubo che l’11novembre di due anni fa, gli portòvia un figlio. Una domenica piovosa.Due spari attraverso l’autostra -da e l’esistenza che si colora di rosso,tra una pausa e l’altra di un viaggioverso Milano, la Lazio, una partitadi calcio. A luglio, il 14, in unasorta di Bastiglia al contrario, loStato si è ripreso quell’angolo di fiduciacui papà Sandri si era aggrappatoper non sprofondare nel pessimismo.L’agente Luigi Spaccarotella,in primo grado, è stato condannatoa sei anni di reclusionecon l’aggravante della previsionedel fatto. Il pm ne aveva chiestiquattordici. La sottrazione dellapena, per la famiglia, è suonata come l’ultimo insulto di una lunga serie.“Fino ad allora eravamo relativamentesereni. Poi siamo crollati.In un paese in cui basta unavoce di corridoio per mandare ingalera una persona, a noi non sonostati sufficienti cinque testimonioculari per venire a capo della verità.Semplicemente, la Corte nonli ha considerati”. Così il futuro èun buco nero e il presente, un insopportabilepeso da sostenere.“Gabriele era stato etichettato comeultras ma il calcio, con la suamorte, non c’entrava nulla. Comenel caso di Stefano Cucchi, costruireun contesto per incasellareuna vittima della cieca brutalità,aiuta a divulgarel’immagine piùadeguata a un raccontofallace. Le loroparabole non sonocosì dissimili.L’importante per lafabbrica della menzogna,è far passareun messaggio distorto.Così sostenereche Cucchiera solo un drogato,in un quadromenzognero, nonfa una piega e le affermazionidi Giovanardi, servonosolo a offendere la Pìetas”.

F ascista, violento abituale, lanciatoredi pietre, assuntore distupefacenti. Andò così anchecon Gabriele. “Il fatto che non fumasseneanche le sigarette e chese avesse visto un grammo di hashish,lo avrebbe scambiato percioccolato, non cambia nulla.Chi punta il dito o fa la morale,dovrebbe avere il pudore di vederedentro casa propria. Aldrovandi,Cucchi, Genova, Sandri,Teramo. Potrei stilare un vocabolariodell’indecenza e della vergog n a ”. Si ferma, accende una sigaretta,aspira forte. “Lo stato didiritto, in Italia, è definitivamentemorto. Pensi a Cucchi. Sul suoscandalo calerà l’oblìo. Ieri holetto che sono indagati due albanesie un moldavo. Secondo lei,alla fine, chi saranno i colpevoli?”.La risposta confusa nel ventoprende alle spalle i dubbi e lispazza via. “Il Muro di Berlino ècaduto da vent’anni ma le barrieredi omertà e potere non crollanomai. I nostri politici chiedonoe promettono solo al momentodelle elezioni, ma a loro, deicittadini, non interessa assolutamentenulla”. Alza lo sguardo,osserva le finestre di casa, la cameradi Gabriele, un altare laiconel quale ogni cosa è rimasta alsuo posto. “Tutto come due annifa. Ogni settimana però andiamoal cimitero e portiamo tra le nostremura, i fiori che la gente comunelascia sulla tomba. Ci siamoandati anche a Ferragosto. E’il nostro modo di non recidere ilfilo, labile, che ci tiene attaccatialla realtà”. Sua moglie, Daniela,non sta bene. Non potrebbe, anchese volesse. “In due anni loStato non si è mai avvicinato persapere come stessimo. Non c’èstato uno straccio di assistentesociale che abbia bussato da miamoglie per dirle: ‘Scusi signora,ha bisogno di un’aspirina? Forse,ammazzandole un figlio, le abbiamofatto venire mal di testa’. Ilvuoto. Fossimo stati dei disgraziati,Daniela avrebbe potutotranquillamente morire. Entra eesce dalle cliniche. Piange incontinuazione, frequenta psicologie neurologi. In più, ha cominciatoa bere. Quando aprol’armadio, invece di trovare camiciee vestaglie, osservo bottigliedi vino. E’ una rovina totale,un degrado gravissimo, di cuinon frega niente a nessuno”.Delle divise, del ruolo delle forzedell’ordine e del caos emotivo cheinevitabilmente, dal novembre2007, scinde in due questo fusodritto con i capelli bianchi e gli occhiliquidi che spesso, nonostanteil pudore si inumidiscono, Sandriparla senza acrimònia: “Manganel -li ha rilasciato alcune dichiarazioniper riabilitare Gabriele.Lo ringrazio e non dimenticoche tra i poliziotti, conservo molticari amici che mantengono suciò che è accaduto a mio figlio,una sana, indeflettibile, indignazione.Generalizzare sarebbesbagliato e troppo semplice, maanche nel caso Marrazzo, me lolasci dire, i carabinieri fanno unapessima figura. Solo dall’inter nopuò nascere un movimento dipulizia e rinnovamento. Nel miopiccolo, gliel’ho suggerito: ‘Ri -bellatevi, nell’immaginario collettivopagate per il comportamentodei vostri colleghi’. Peròle dico la verità. Sono saturo, esasperato,sconfitto. A forza di tagliarenastri ed espormi a fotografiee inaugurazioni, mi è venutala nausea. Basta così, tanto per364 giorni l’anno, sei solo con iltuo abisso”. Giorgio beve, rispondeal telefono, congeda infretta l’interlocutore, ricomincia:“Esistono legge e giustizia.Non credo più a niente. La mortedi Gabriele avrebbe rappresentatouna straordinaria occasioneda parte di chi guida il gioco perriavvicinarsi ai cittadini e offrirelimpidezza”. Opportunità evaporatadietro la retorica. “Da mesisi parla solo di escort e trans.

C’è un disegno preciso. Fumonegli occhi per distogliere l’at -tenzione dalla crisi cheattanaglia il Paese. Assumersi le proprie responsabilità,ogni tanto, non farebbemale”.Giorgio rimpiange i tempi andati,i viaggi a Terni per applaudirela Ternana di Viciani e letrasferte officiate in omaggio allaLazio, l’età dell’oro trasformataora in moneta opalescente. “Untempo c’erano Moro, Berlinguere Almirante. Oggi, pallidi epigoni.La questione non è essere didestra o di sinistra, il problema èessere uomini”. Sabato a Roma,gli ultras di tutta Italia manifesterannocontro la tessera del tifoso.“Spero non ci siano incidenti.Non dovrebbero mai avvenire.La tessera che il Viminalevuole imporre peròè arbitraria e anticostituziona-le. Se mi trovassia Milano e volessiandare allostadio, non potrei.Attenti a indicare categorieassolute.Quella del tifoso cattivoè una classificazioneche non mi ha maiconvinto. Anche a TorPignattara, in occasionedella fiaccolataper StefanoCucchi, si è parlatodi tafferugli provocatidai centri sociali. Credoche in piazza, per protestare,non scendanodefinizioni ma soltantocittadini scontenti”. Atenerlo in piedi, evitandogli Paedisprofondare nella sindromevendicativa di Alberto Sordi nelfilm più spietato di un regista asuo agio con la cattiveria, il Monicellidi ‘Un borghese piccolopiccolo’, l’altro figlio Cristiano.“Hanno fatto di me un estremista.Ero un uomo tranquillo, pensavoai miei figli, alla mia vecchiaiafelice, a un finale di partitaquieto. Tutto distrutto, cancellato,perso. Cristiano ha avuto unbambino. L’altroieri ha compiuto7 mesi. L’ha chiamato Gabriele.Non riesco a godermelo e Cristianostesso, non è più la stessapersona di prima. Fa l’av vo c a t openalista e quella toga adesso, laindossa con fastidio”. Giorgioora piange. Chiede scusa.Lascia che leguance si bagninosenza intervenire.Poi si alza. Oggi,due anni fa.

mercoledì 7 ottobre 2009

Eroi


Ci sono eroi dai nomi comuni.

Ci sono eroi che in quanto persone non meritano neanche un minuto di silenzio.

Ciao Simone.

martedì 29 settembre 2009

Lettere


26 - 09 - 2009
La lettera che segue, del 23 settembre 2009, è di Paolo, un tifoso bresciano. Nel 2005 (in stazione, dopo Verona-Brescia) fu picchiato immotivamente e selvaggiamente dalla Polizia. Finì in coma per molte settimane. Da allora passati più di 4 anni ma giustizia non è ancora stata fatta.
Lettera di Paolo


Ill.mo Ministro degli Interni p.c. Presidente della Repubblica p.c. Presidente del Consiglio p.c. Ministro di Giustizia p.c. Sindaco di Brescia p.c. Prefetto di Brescia p.c. Questore di Brescia p.c. Sindaco di Verona p.c. giornali e tv scrivo questa lettera alla vigilia dell'anniversario di una data che mi ha cambiato la vita: il 24 settembre del 2005. Mi presento: sono Paolo Scaroni, abito a Castenedolo, piccolo paese della provincia di Brescia. Ero un allevatore di tori. Ero un ragazzo normale, con amicizie, una ragazza, passioni, sani valori -anche sportivi- e la giusta curiosità. Facevo infatti molto sport e viaggiavo quando potevo. Ero soprattutto un grande tifoso del Brescia. Una persona normale, come tante, direbbe Lei. Oggi non lo sono più (per la verità tifoso del Brescia lo sono rimasto, sebbene non possa più vivere la partita allo stadio com'ero solito fare: cantando, saltando, godendo oppure soffrendo). Tutto è cambiato il 24 settembre del 2005, nella stazione di Porta Nuova a Verona. Quel giorno, alla pari di migliaia di tifosi bresciani -fra i quali molte famiglie e bambini- avevo deciso di seguire la Leonessa a Verona con le migliori intenzioni, per quella che si preannunciava una sfida decisiva per il nostro campionato di serie B. Finita la partita, siamo stati scortati in stazione dalla polizia senza nessun intoppo o tensione. Dopo essermi recato al bar sottostante la stazione, stavo tornando con molta serenità al treno riservato a noi tifosi portando dell'acqua al resto della compagnia (era stata una giornata molto calda ed eravamo quasi tutti disidratati). Tutti gli altri tifosi erano già pronti sui vagoni per fare velocemente ritorno a Brescia. Mancavano pochi minuti ed i binari della stazione erano completamente deserti. Cosa alquanto strana visto il periodo, l'orario e soprattutto la città in cui eravamo, centro nevralgico per il passaggio dei treni. Improvvisamente, senza alcun preavviso o motivo apparente, sono stato travolto da una carica di "alleggerimento" del reparto celere in servizio quel giorno per mantenere l'ordine pubblico e picchiato a sangue, senza avere nemmeno la possibilità di ripararmi. Sottratto al pestaggio dagli amici (colpiti loro stessi dalla furia delle manganellate), sono entrato in coma nel giro di pochissimo e quasi morto. Dopo circa venti minuti dall'aver perso conoscenza sono stato caricato su un'ambulanza -osteggiata, più o meno velatamente, dallo stesso reparto che mi aveva aggredito- e trasportato all'ospedale di Borgo Trento a Verona. Lì sono stato operato d'urgenza. Lì sono stato salvato. Lì sono tornato dal coma dopo molte settimane. Lì ho passato alcuni mesi della mia nuova vita. Una vita d'inferno. Nel frattempo la mia famiglia, in uno stato d'animo che fatico ad immaginare, subiva pressioni e minacce affinché la mia vicenda mantenesse un basso profilo. Ai miei amici non andava certo meglio, nonostante tutti gli sforzi per far uscire la verità. Ovviamente, alcune cose di cui sopra le ho sapute molto tempo dopo la mia aggressione. Il resto l'ho scoperto grazie al lavoro del mio avvocato. Dalla ricostruzione dei fatti e tramite le tante testimonianze, emerge un quadro inquietante, quasi da non credere; ma proprio per questo da rendere pubblico. In seguito alle gravissime lesioni subite, presso la Procura della Repubblica di Verona è iniziato un procedimento a carico di alcuni poliziotti e funzionari identificati quali autori delle lesioni da me subite. Nonostante il Giudice per le Indagini Preliminari abbia respinto due volte la richiesta d'archiviazione, il Pubblico Ministero non ha ancora esercitato l'azione penale contro gli indagati. Mi domando per quale ragione ciò avvenga e perché mi sia negata giustizia. Oggi, dopo avere perso quasi tutto, rimango perciò nell'attesa di un processo, nemmeno tanto scontato, considerati i precedenti ed i tentativi di screditarmi. Oltretutto i poliziotti erano tutti a volto coperto, quindi non identificabili (com'è possibile tutto questo?), sebbene a comandarli ci fosse una persona riconoscibilissima. Dopo le tante bugie e cattiverie uscite in modo strumentale sul mio conto a seguito della vicenda, aspetto soprattutto che mi venga restituita la dignità. Ill.mo Ministro degli Interni, sebbene la mia vicenda non abbia destato lo stesso scalpore, ricorda un po' le tragedie di Gabriele Sandri, di Carlo Giuliani, ed in particolare di Federico Aldrovandi (accaduta a poche ore di distanza dalla mia), con una piccola, grande differenza: io la mia storia la posso ancora raccontare, nonostante tutto. Le dinamiche delle vicende sopra citate forse non saranno identiche, ma la volontà di uccidere sì, è stata la medesima. Altrimenti non si spiega l'accanimento di queste persone nei miei confronti, soprattutto se si considera che non vi era una reale situazione di pericolo: era tutto tranquillo; ero caduto a terra; ero completamente inerme. Ma le manganellate, come descrive il referto medico, non si sono più fermate. Forse, ho pensato, oltre alla vita volevano togliermi anche l'anima. Per farla breve, in pochi secondi ho perso quasi tutto quello per cui avevo vissuto -per questo mi sento ogni giorno più vicino a Federico- e senza un motivo apparente. Sempre ovviamente che esista una giustificazione per scatenare tanta crudeltà ed efficienza. Le mie funzioni fisiche sono state ridotte notevolmente, e nonostante la lunga riabilitazione a cui mi sottopongo da anni con molta tenacia non avrò molti margini di miglioramento. Questo lo so quasi con certezza: l'unica cosa funzionante come prima nel mio corpo infatti è il cervello, attivo come non mai. Dopo quattro anni non ho ancora stabilito se questa sia stata una fortuna. Ho perso il lavoro, sebbene abbia un padre caparbio che insiste nel mandare avanti la mia ditta, sottraendo tempo e valore ai suoi impegni. Ho perso la ragazza. Ho perso il gusto del viaggiare (il più delle volte quelli che erano itinerari di piacere si sono trasformati in veri e propri calvari a causa delle mie condizioni fisiche), nonostante mi spinga ancora molto lontano. Ho perso soprattutto molte certezze, relative alla Libertà, al Rispetto, alla Dignità, alla Giustizia e soprattutto alla Sicurezza. Quella sicurezza che Lei invoca ogni giorno, e tenta d'imporre sommando nuove leggi e nuove norme a quelle già esistenti (fino a ieri molto efficaci, almeno per l'opinione pubblica). Peccato però che queste leggi non abbiano saputo difendere me, Federico, Carlo e Gabriele dagli eccessi di coloro che rappresentavano, in quel momento, le istituzioni. Ill.mo Ministro degli Interni, alcune cose mi martellano più di tutto: ogni giorno mi domando infatti cosa possa spingere degli uomini a tanto. Non ho la risposta. Ogni giorno mi domando se qualcuna di queste tragedie potesse essere evitata. La risposta è sempre quella: sì. A mio modesto parere, ciò che ha permesso a queste persone di liberare la parte peggiore di sé è stata la sicurezza di farla franca. Sembra un paradosso, ma in un Paese come il nostro in cui si parla tanto di "certezza della pena", di "responsabilità" e di "omertà", proprio coloro che dovrebbero dare l'esempio agiscono impuniti infrangendo ogni legge scritta e non, disonorano razionalmente la divisa e l'istituzione rappresentata, difendono chi fra loro sbaglia impunemente. Ill.mo Ministro degli Interni, dopo tante elucubrazioni, sono giunto ad una conclusione: se queste persone fossero state immediatamente riconoscibili, responsabili perciò delle loro azioni, non si sarebbero comportate in quella maniera ed io non avrei perso tanto. Le chiedo quindi: com'è possibile che in Italia i poliziotti non portino un segno di riconoscimento immediato come accade nella maggior parte delle Nazioni europee? Ill.mo Ministro degli Interni, io non cerco vendetta, semmai Giustizia. Mi appello a Lei ed a tutte le persone di buon senso affinché questi uomini vengano fermati ed impossibilitati nello svolgere ancora il loro "dovere". Chiedo quindi che si faccia il processo e nulla sia insabbiato.
Cordiali saluti. Paolo Scaroni, vittima di uno Stato distratto

martedì 15 settembre 2009

Vengo anch'io


Esclusivo. Spostata tutta la programmazione Rai per far posto questa sera alla trasmissione Porta a Porta.

Certa la presenza di Berlusconi da Vespa che assicura: "Non ci sarà nessun plastico, durante le quattro ore di trasmissione farò vedere come si costruisce una casa antisismica".

Un deserto chiamato pace


Da repubblica: Occuparsi di sport, di calcio in particolare, ha i suoi lati positivi. Per esempio, potrei rivolgermi al ministro Maroni a proposito della sua direttiva sulle trasferte dei tifosi ignorando altre e più drammatiche trasferte sul Canale di Sicilia. Potrei ma non posso. Solo due considerazioni. E' ben strano l' atteggiamento di molti leghisti. Si propongono come i più accaniti difensori dei valori dell' Occidente cristiano e appena qualche vescovo o qualche prete dice qualcosa che non gli torna lo mandano brutalmente a scopare il mare (è un modo dire milanese, va inteso come ramazzare l' oceano e, in greco, farebbe parte degli adùnata). Poi (prima regola: negare comunque, o almeno mettere in dubbio) è piuttosto atroce il loro far di conto. I 5 vivi dicono che erano in 73, morti recuperati 14 (vado a memoria). E fanno 19, dove sono gli altri 54? Come se il mare fosse un bancomat, una cassetta di sicurezza, ancora un po' e gli si chiede la ricevuta. Ma si sa che i conti devono tornare (a casa loro anche loro, così imparano). Ma qui si parla di calcio, di altre trasferte. Mi ha stupito il favore con cui le decisioni di Maroni sono state accolte, a parte il mondo degli ultrà (già avvelenato dalla sentenza-Spaccarotella) e Zamparini, che al solito è andato giù piatto parlando di fascismo e Maroni ovviamente ha avuto buon gioco nel rispondergli di leggere qualche libro. Secondo me anche a Maroni non farebbe male leggere qualche libro, non fosse che poi bisognerebbe trovare chi gli spiega quello che ha letto (vedi ' 94, decreto Biondi) e si farebbe tardi. In parole povere, per andare allo stadio in trasferta dall' inizio del 2010 sarà indispensabile la "carta del tifoso". Indispensabile in Italia, perché all' estero non sanno cosa sia e già questo potrebbe far sorgere qualche dubbio. Non ci aveva pensato nemmeno la Thatcher, tanto per dire. Il ministro, e gli si può credere, ha sbandierato dati interessanti sulla violenza in calo: meno feriti tra i tifosi, tra le forze dell' ordine, meno incidenti. Ma è normale, visti i limiti che già ci sono alle trasferte. Vietandole del tutto, le cifre calerebbero ancora, ma questo paradosso evoca Tacito ("hanno fatto un deserto e l' hanno chiamato pace") e non va bene. Ancora, al ministro (e a chi l' ha preceduto) va riconosciuta l' attenuante di società calcistiche piuttosto inerti (poche le eccezioni) davanti al problema del tifo violento, oppure poco collaborative, spesso propense a scaricare tutto sulle spalle dello Stato. A volte mi succede di sognare un messaggio congiunt o a l l a N a z i o n e (Maroni-Galliani) il cui succo è: statevene a casa, abbonatevi alla pay-tv che vi pare e amen. Starsene a casa può essere una scelta o un obbligo. Qualche caso spicciolo. A: sono un turista cinese ( o messicano) in visita a Roma. Posso acquistare un biglietto per il derby? No. B: sono un sardo residente a Milano. Posso acquistare un biglietto per Juve-Cagliari? No, molto spesso la vendita è riservata a chi vive nella provincia in cui si gioca. C: sono un onesto padre di famiglia, parlo il milanese meglio di Bossi e di suo figlio, io di figli ne ho due, posso portarli al derby? No, perché spesso non si può acquistare più di un biglietto a persona. E poi continuano a dire che bisogna riportare le famiglie allo stadio. Ecco, nei tre casi mi sembra di vedere una limitazione alla libertà individuale. Detto in altri termini, e per puro comodo, immaginiamo di dividere i tifosi in bravi e cattivi. I cattivi identificati, in teoria, sono già soggetti a Daspo, quindi schedati e controllati. Ma che bisogno c' è di schedare quelli bravi? Questo è il punto. Mentre i bagarini continuano a fare buoni affari e se ne fanno un baffo del biglietto individuale, mentre i non cattivi, fino a prova contraria, ma un po' agitati si muovono comunque, poi si vedrà, vorrei che qualcuno mi spiegasse perché un cittadino incensurato, senza precedenti specifici, non è libero di muoversi nel suo paese e di andare allo stadio pagando un biglietto e basta, come si fa nel resto del mondo. Se poi delinque, ci pensi la polizia. Trattare i bravi da cattivi, tanto sappiamo che sono bravi, non è fascismo, è piuttosto una gestione abbastanza ottusa del potere. Si seppellisce così, senza un fiore, la domenica della brava gente che i coltelli li usa solo in trattoria, prima o dopo la partita. Si colpiscono i diritti di una stragrande maggioranza per limitare gli eventuali danni di un' esigua minoranza. Se questo è normale, ditelo voi. A me non pare. Se la libertà di movimento passa per una schedatura (questo è, né più né meno), a me pare condizionamento di libertà. C' è per caso un costituzionalista che ha qualcosa da dire? - GIANNI MURA

lunedì 14 settembre 2009


Da Il Tempo: Mattina di un giorno qualunque, una domenica di due anni fa. In un'area di servizio ad Arezzo tifosi della Lazio e della Juve s'incontrano per caso. Un accenno di tafferuglio e due pattuglie della stradale intervengono, poi uno sparo in aria fa scappare i ragazzi che litigano. Le gomme stridono sull'asfalto, è un fuggi fuggi generale. All'improvviso un altro sparo risuona nell'aria, uno sparo dapprima negato ma che molti testimoni hanno sentito. Sono le 9.15 dell'11 novembre 2007, Gabriele Sandri muore così, il collo trapassato da un proiettile esploso dalla Beretta d'ordinanza dell'assistente di polizia Luigi Spaccarotella. Ci sono voluti due anni e un lungo, tormentato processo, per arrivare a una verità giudiziaria che forse verità non è, a una sentenza duramente contestata dalla famiglia di Gabbo, già pronta a impugnare il provvedimento in appello. Quel poliziotto, Luigi Spaccarotella, è stato condannato a sei anni di reclusione per omicidio colposo, il pubblico ministero ne chiedeva 14 per omicidio volontario. Ieri sono state pubblicate le motivazioni. E il perno ruota tutto intorno a una sfumatura giuridica tanto lieve da sembrare inconsistente, eppure tanto profonda da valere la vita di un ragazzo. È il dolo eventuale, che qualifica lo stato d'animo di chi commise quel reato: lanciarsi all'inseguimento con la pistola in pugno, spianare l'arma mirando con le due braccia tese, sparare verso la Renault Megane di quei ragazzi che scappavano dall'autogrill Badia al Pino di Arezzo. Voleva davvero uccidere, il poliziotto? Voleva colpire Gabriele Sandri? Domande che la Corte d'assise d'Arezzo ha sciolto dando piena fiducia a Spaccarotella: «Mai e poi mai poteva accettare che il proiettile finisse per colpire, e addirittura uccidere taluno degli occupanti», annotano i giudici nelle 143 pagine del provvedimento. Ma sono domande tuttavia che non hanno alcun senso e che partono da un presupposto errato, cioè che Spaccarotella volesse colpire le gomme dell'auto. Trascurando l'unico particolare di rilievo in tutta questa maledetta storia: da quella prospettiva, le gomme della Megane non erano visibili. Il proiettile infatti attraversò sì l'autostrada, ma la visuale era coperta in quel tratto dalla siepe. Irrilevante la deviazione che l'ogiva subì a causa dell'impatto con la rete metallica, che deviò il colpo, è vero, ma solo in orizzontale. Quel che rileva semmai è l'altezza dello sparo, quel che rileva è che lo stesso Spaccarotella, sentito dal pm subito dopo i fatti, mai ha parlato di voler mirare alle gomme, anzi ha sempre continuato a difendere la tesi del colpo accidentale partito per sbaglio dopo aver inciampato nella corsa: «Preciso che avevo considerato che se avessi sparato con l'intento di colpire l'auto da quella posizione, avrei potuto colpire invece una qualsiasi delle autovetture che a quell'ora percorrevano le due carreggiate», la sua dichiarazione a verbale. Cinque testimoni però smontano la tesi dell'incidente, dichiarando di averlo visto puntare la pistola, e anzi gli stessi giudici negano questa possibilità: voleva sparare alle ruote, questa la tesi, ma ha sbagliato mira, il proiettile è stato deviato dalla rete, Gabriele Sandri è morto. Omicidio per colpa, insomma, e nulla importa se Spaccarotella non ha mai ammesso nulla di tutto ciò: la corte sostiene che «il colpo era direzionato, non diretto, si badi bene, ma direzionato verso una parte della vettura collocabile all'incirca non oltre la metà della sua altezza». Gli elementi contrari però sono molti. I testimoni innanzi tutto, che cristallizzano l'immagine del poliziotto che prende la mira; la visuale, ricostruita dai periti, in base alla quale da quel punto di fuoco la parte bassa della Megane era coperta. Allora è la domanda di partenza a essere sbagliata: se davvero cioè l'agente voleva uccidere. La domanda giusta è invece: «A cosa mirava Spaccarotella?» Da quella posizione poteva mirare solo all'abitacolo, questa la risposta, anche se certo non voleva uccidere Gabriele Sandri in persona, che neppure conosceva. Ecco allora la nozione del dolo eventuale: per la dottrina e anche per la giurisprudenza, da ultimo la sentenza 44712 della Cassazione del dicembre 2008 che i magistrati di Arezzo trascurano, è l'accettazione del rischio di procurare l'evento-reato, la decisione di agire costi quel che costi, vale a dire la previsione del rischio e delle sue eventuali conseguenze. Quale rischio poteva comportare allora, non solo per un poliziotto con un minimo d'esperienza ma agli occhi di chiunque, la decisione di sparare attraverso l'autostrada contro l'abitacolo di una macchina in corsa, costi quel che costi? Gabriele Sandri, colpevole d'essere tifoso e di trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato, l'ha scoperto sulla sua pelle.

lunedì 7 settembre 2009

A mmbriachi


Ahmadinejad: "Sono prontoa incontrare Obama"

Fini: "Voto agli immigrati alle elezioni amministrative"

Berlusconi: "«Non c'è libertà di stampa?Una barzelletta dei cattocomunisti»

mercoledì 2 settembre 2009

Comunicare

Gli italiani e la fantasia





































martedì 1 settembre 2009

Frecce Tricolori


Caso Libia.

«Shut down the engine, you have a delay». Per ben due volte il comandante delle Frecce Tricolori, Massimo Tammaro, che stava rullando sulla pista dell'aeroporto militare di Maitiga ha ricevuto dalla torre di controllo l'ordine di spegnere i motori e rientrare perchè l'esercitazione era cancellata.

Tripoli chiede all'Italia il fumo verde.

Gli italiani: al massimo di verde possiamo portare un pò di albanese.....

venerdì 28 agosto 2009


Il 6 luglio 2009 veniva pubblicato un post su questo blog "Essere Zappadu", dove si evidenziavano i potenziali guadagni del fotografo circa gli scatti fotografici a Slivio Berlusconi.

Puntualmente, a distanza poco più di un mese, esce l'imperdibile libro "La vera storia di Antonello Zappadu. Il fotoreporter di Villa Certosa che è diventato l'incubo di Berlusconi" scritto da Zappadu Salvatore, noto alle cronache librarie per non avere mai scritto alcun libro.

E' proprio di queste ore la notizia che Berlusconi ha citato per danni Repubblica chiedendo 1 Milione di €.

Caro Silvio, con tutto quello che ha guadagnato il gruppo "L'Espressso" da tutta questa storia, dovevi e potevi chiedere molto di più. E dovevi e potevi fare tu una domanda: "Ma voi da scrivere e da chiedere non avete altro?"

martedì 25 agosto 2009

The Millionaire


Ancora in tema di Superenalotto.

A seguito della notizia circa la conferma di Ben Bernanke da parte del Presidente Obama alla guida della Federal Reserve per avere avuto il merito di "avere evitato la grande depressione", il Presidente Berlusconi annuncia la sostituzione del Governatore della Banca d'Italia Draghi e la nomina del vincitore di Bagnolo, attribuendo allo stesso vicitore meriti analoghi al riconfermato Presidente della Fed: "Ha evitato, vincendo, la depressione di moltissimi italiani".

Fondi di investimento


Primi investimenti per il vincitore del Superenalotto.

Aggiudicato all'asta su ebay per 3 milioni di euro il posto bara vicino alla diva americana Marilyn Monroe.

venerdì 7 agosto 2009

Bianco e nero

Da "Il Giornale"
È finito un calcio. Gli anni Ottanta del pallone se li porterà dietro una firma che elimina dal calcio anche i Matarrese. Si vende per campare, si vende perché forse non ci si trova più. Ciao ciao. Gli ultimi giapponesi, i reduci, gli intramontabili, lasciano dopo aver visto gli altri della loro generazione abbandonare uno a uno: Fraizzoli, Pellegrini, Farina, Boniperti, Anconetani, i conti Pontello, Viola, Scibilia, Ferlaino, Lugaresi, Massimino, Jurlano, Rozzi, Garonzi. I Matarrese c’erano. I Matarrese ci sono stati: hanno resistito alla fine della Democrazia cristiana, alla dinamite che ha sbriciolato la loro Punta Perotti, al sali e scendi tra A e B, ai diritti tv, all’arrivo di nuovi padroni e di nuovi sistemi, alle vittorie e alle trombature in Lega, Federazione, Uefa e Fifa. Ultimi esemplari di quella genia di presidenti un po’ matti, poco imprenditori e molto genuini, quelli per cui molti, magari anche troppi, adesso sentono nostalgia: perché ricordavano il primo calcio da ricchi, i primi acquisti milionari e anche i primi immensi bidoni. Era un mondo di improvvisatori sinceri, come Angelo Massimino che per convincere il brasiliano Luvanor ad andare a Catania gli offrì come benefit un’auto: quello accettò, arrivò e scoprì che la macchina era quella che fino a poco tempo prima era stata di proprietà della figlia del presidente.Non ci si ritrova più nel pallone di oggi, così si vende attraverso un mediatore a qualcuno che neanche si conosce: si sa solo che gli aspiranti compratori sono texani, non c’è giudizio o morale, c’è solo la considerazione che c’è una stagione per tutto e certe volte bisogna capire che la propria è passata. Poi se è bene o male lo decide il caso e la fortuna: ai Matarrese è andata ad alti e bassi, come per molti anche se non per tutti. È andata che adesso tutti pensavano che non avrebbero mollato: la promozione del Bari in A dopo otto anni, la possibilità di rifarsi degli investimenti fallimentari delle ultime stagioni, l’entusiasmo forse un po’ soffocato in fretta, ma reale, di squadra, città e club, lasciavano pensare che avrebbero resistito. Si firma per lasciare, per chiudere una porta aperta 32 anni fa, quando presero il Bari convinti di farne la Juventus del Sud.Non c’era ancora la tv a colori, all’epoca. Adesso hanno appena chiuso un contratto con Sky per il satellite e poco fa un altro con Mediaset per il digitale terrestre. Forse se tornano indietro col pensiero capiscono che non è più tempo per loro. Forse se vanno a rivedere gli almanacchi dell’epoca si rendono conto che sono davvero rimasti da soli a rappresentare un tipo di calcio casereccio, a metà tra “Ultimo minuto” di Pupi Avati e il classico “L'Allenatore nel pallone” di Sergio Martino. Era l’era del presidente ruspante, un po’ sgrammaticato, in perenne bilico tra il tifo e l’occhio al patrimonio che il calcio sta prosciugando. Tempi di battute e di frasi storiche, tipo questa di Costantino Rozzi: «Io mi sento giocatore, perché lotto pure io con gli arbitri, tra me e Mazzone sembra una guerra. Ma ci sentiamo pure noi incitati da queste canzoni, da questo gridare, da questo sventolare di bandiere». Ai Matarrese è mancato l’amore della gente. Bari non è mai stata in alto più di quanto abbia fatto con loro, eppure gli ultimi anni sono stati un calvario fatto di insulti e di lamentele, di recriminazioni legittime e di pretese assurde. Bari in Europa, voleva la gente. Forse era il caso di accontentarsi che quella straordinaria querelle con Gaucci si trasformasse in realtà: Vincenzo Matarrese stava rientrando sul pullman che l’avrebbe riportato con la squadra in Puglia, dopo una vittoria a Perugia. Gaucci gli corse alle spalle, insultandolo in diretta tv. Matarrese tirò fuori la testa dalla porta del bus e gli rispose così: «Siamo di serie A, Gaucci. Siamo di serie A». Non ce ne saranno più sceneggiate così: non ci sarà più Gaucci e a questo punto non ci saranno neanche i Matarrese. Loro che da perfetti e imperterriti democristiani erano passati da quel tipo di calcio, a quello dei Gaucci, appunto. Così come quello dei Tanzi, dei Cragnotti, dei Cecchi Gori. Tutti passati, tranne loro. Fino a ora, anzi fino a queste ore. Finisce un calcio, certo. Ci sarà un altro, così come ci saranno altri presidenti. Né meglio, né peggio. Bisogna solo accettare che il tempo passa. E il calcio no.

giovedì 6 agosto 2009

Puntualizzare


Barbara Berlusconi dopo avere dichiarato: ''Penso che una società esprima un senso della morale comune. I rappresentanti politici che sono chiamati a ben governare, a far prosperare la comunità, sono anche tenuti a salvaguardare i valori che essa esprime, possibilmente a elevarli. Non credo, quindi, che un uomo politico possa permettersi la distinzione tra vita pubblica e vita privata'', torna sulle sue parole e precisa:"Non strumentalizzare le mie parole, tiengo a sottolineare di avere grande stima per il padre".
E chi lo aveva mai messo in dubbio, AVEVI DETTO UN POLITICO........

Indulto


A seguito della decisione della Corte di Giustizia europea che ha sancito il risarcimento di 1.000 € per danni morali ad un detenuto bosniaco a causa delle condizioni delle carceri italiane, pronte migliaia di istanze simili dei colleghi detenuti.

Secondo un'indagine dell'Associazine Antigone, infatti, lo Stato potrebbe rischiare di risarcire oltre 64 milioni di €.


Immediata la reazione del Governo e dei Magistrati per assicurare maggiore comfort e spazio: liberato Fiorvanti e ritorno immediato di Mastella!

venerdì 31 luglio 2009

Evviva Bossi


Nella nuova mavovra annunciata dal Ministro Tremonti per il Sud si parla finalmente di novità.

Innazitutto verranno stanziati i Fondi per le Aree Svantaggiate.


Secondariamente ci vorrà qualcuno che dovrà sia gestire che erogare tali fondi: ed ecco allora la brillante idea di fare nascere un nuovo Ente ed una nuova Banca.


Ma per carità non chiamatela Cassa del Mezzogiorno. Perchè la Cassa era cosa ben diversa!


La Cassa del Mezzogiorno è stata un ente pubblico italiano creato dal governo di Alcide De Gasperi per finanziare iniziative industriali tese allo sviluppo economico del mridione d'Italia, allo scopo di colmare il divario con le regioni settentrionali.

Nonostante quasi 50 anni di finanziamenti a fondo perduto e investimenti significativi, oggi il divario di ricchezza permane in termini di PIL pro capite e in termini di produttività. Il reddito pro capite è mediamente il doppio al Nord rispetto al Sud, e i tassi di disoccupazione così come il lavoro nero sono pari al doppio al Sud rispetto che al Nord.
Il fallimento parziale delle politiche assisstenzialistiche tramite finanziamenti a pioggia non ha giovato al Mezzogiorno, né ha giovato l'abolizione improvvisa della Cassa per il Mezzogiorno, con l'avvento della nuova politica degli incentivi in chiave europea con il varo della legge 488/1992. La nuova legge infatti ha iniziato a funzionare solo nel 1996 determinando una situazione di generale crisi nel Sud che ha coinvolto imprese, enti locali e banche.
Una valutazione più approfondita degli investimenti nel Sud evidenzia che i fondi investiti in termini di quantità, pur in presenza di una legislazione speciale, sono stati inferiori agli investimenti pubblici realizzati in via ordinaria negli stessi anni nel Nord del paese.

Questa constatazione tuttavia non vuole giustificare la bassa qualità della spesa nel Mezzogiorno e la responsabilità della classe politica e dirigenziale. L'obiettivo che si era posto la poltica industriale nel 1950 solo in parte è stato raggiunto e questo pone dei dubbi sui paradigmi alla base dello sviluppo che si era ipotizzato. Il tentativo artificioso di impiantare la grande impresa a partecipazione pubblica e i finanziamenti alle imprese del Nord, non hanno innescato alcun circolo virtuoso nelle aree in cui sono state insediate, anzi hanno favorito la creazione nel Sud di un semplice mercato di sbocco per la produzione dell'industria dell'Italia settentrionale o l'acquisto di macchinari usati da altre imprese del nord.


Ma per Tremonti e per il Governo tutto sarà un nuovo Piano Marshal, non una nuova Cassa!

«Il problema — ricordava Tremonti ai suoi collaboratori—non è cosa fare nei prossimi quattro anni, ma cosa succederà il primo gennaio del 2014».

Esattamente, dove andremo a prenderli per metterli nella Cassa.

giovedì 30 luglio 2009

Se potessi avere


Arrivano 4 miliar­di di euro per la Sicilia. Pare che in una riunione tra Ministri sia stato studiato il sistema. Sbloccate quindi le risorse dal Cipe (Comitato Interministeriale Prossima Estrazione).

Ora si cercano indiscrezioni sui numeri che compongono la sestina vincente.

Probabile la combinazione sotto riportata: 4 (i miliardi) 60 (fondi cultura) 55 (la Sicilia) 35 (il Governo) 56 (la crisi) 45 (il Mezzigiorno)

Giocate gente, giocate...


mercoledì 29 luglio 2009

Il Regno delle Due Sicilie


Dopo le esternazioni del Presidente Bossi circa l'opportunità per professori di conoscere la lingua, la tradizione e la storia delle regioni dove si intende insegnare perché "non è possibile che la maggior parte dei professori che insegna al nord sia meridionale", dura la risposta del Governatore Lombardo: "Bossi essiri avaru di canigghia e sfragaru di farina" ed ancora "lui essiri 'na nuci vacanti, essiri iancu".

martedì 28 luglio 2009

Comunicare


Mentre Obama annuncia la chiusura all'Avana del tabellone elettronico della sede diplomatica Usa che dal 2006 faceva controinformazione e Bill Gates chiude il proprio profilo Facebook per "Troppi amici" fornendo una seria riflessione sull'utilizzo dei social network, Berlusconi annucia la chiusura di Villa Certosa: "Troppe Amiche".

lunedì 27 luglio 2009

Finanza innovativa


La Guardia di Finanza ha scoperto un'evasione fiscale in Sicialia da un miliardo di euro.


Berlusconi subito commenta la notizia e stoppa le polemiche per il sud Italia: " Un piano innovativo per il rilancio".

venerdì 24 luglio 2009

Strategie di mercato


Microsoft chiude l'esercizio fiscale 2009 in calo del 29%, segnando la maggior perdita da ventitre anni a questa parte.

Il chief financial officer di Microsoft, Chris Liddell chiama De Benedetti ed annuncia le strategie di ripresa: "Abbiamo l'esclusiva delle registrazioni e dei filmati di Berluscono on line".

Questione di somiglianze

Il Ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo attacca i suoi colleghi che appro­fittando del decreto anticrisi avrebbe­ro voluto privarla dei poteri di autorizza­zione ambientale in materia di energia, e sbotta: "Intervenga Berlusconi o mi dimetto".

Pronta la replica del Ministro Frattini: "E' pagata dai giornalisti".

giovedì 23 luglio 2009

Nuovo cinema paradiso


Boom di vendite per la nuova piattaforma satellitare TivùSat che partirà in Italia il prossimo 31 luglio.

A scatenare la corsa all'acquisto le nuove indiscrezioni dei giornalisti de L'Espresso (oramai non hanno proprio più un cazzo da scrivere).

Partirà la nuova serie tv "Sex and the Silvio". Un canale interamente dedicato alle "avventure amorose" di Silvio Berlusconi. Le puntate avranno quale location quella di Villa Certosa (nel film Villa Certosa hard). La casa è stata interamente trasformata in un grande set (regia di Zappadu).

E' lo stesso premier in conferenza stampa ad annunciare anche il titolo della prima puntata: "Non sono un santo". Seguita poi da "Le buste per le escort", "Il lettone di Putin", "I reperti fenici nella villa sarda", "I consigli sul sesso", " Vizi privati e pubbliche virtù", "La fabbrica dei gelati", " La mia posizione di leader", "Silvio senza freni", "Mi consenta".

Per gli amatori vi sarà una rubrica: "Ascolta Silvio Berlusconi" (regia di Fittipaldi - Massari)